L’ Osteoartrosi (OA) rappresenta la patologia reumatica più diffusa nella popolazione mondiale: 1/3 della popolazione superiore ai 45 anni è alla ricerca costante di un trattamento per l’OA e, l’81% di questi, lamenta dolore e importanti limitazioni funzionali, con consegue difficoltà di svolgimento delle normali attività quotidiane e astensione dai luoghi di lavoro. L’artrosi si configura quindi sempre più come una malattia sociale, non necessariamente confinata alla sfera geriatrica, facendo emergere un chiaro e crescente bisogno di nuove soluzioni terapeutiche.
Per la gestione della sintomatologia dolorosa i farmaci di prima scelta sono rappresentati dai FANS, dagli Analgesici oppioidi e dalle iniezioni intra-articolari di Corticosteoridi. Tuttavia, anche il migliore di questi agenti, oltre ad agire solo sul sintomo dolore, fornisce un’efficacia clinicamente significativa solo nella metà dei soggetti; inoltre, gli effetti collaterali sul lungo periodo, ne limitano l’impiego nei pazienti polipatologici (Anziani, Diabetici, Cardiopatici, ecc..). Infine, sebbene il ricorso alla terapia infiltrativa con Acido ialuronico (Viscosupplementazione), migliori taluni parametri clinici (dolore, scrosci articolari, etc.) i risultati rimangono ambigui per quanto riguarda il controllo dell’infiammazione, specialmente in caso di Osteoartrosi di lungo corso, e la rigenerazione cartilaginea.
Una strategia per incrementare le probabilità di successo terapeutico è quella di abbinare alla terapia farmacologica e infiltrativa una terapia di fondo a base di SYSADOA (SYmptomatic Slow-Acting Drugs). La somministrazione orale di queste molecole in pazienti con Osteoartrosi avrebbe lo scopo di “integrare” la perdita di cartilagine a livello delle articolazioni colpite, rallentare il processo degradativo cartilagineo per inibizione degli enzimi litici responsabili della distruzione della matrice cartilaginea (Metalloproteasi di matrice – MMPs) ed esercitare un discreto effetto antinfiammatorio mediante l’inibizione di importanti mediatori del processo flogistico.
La Società Italiana di Reumatologia (SRI) concorda sull’effetto della N-Acetil-Glucosamina (NAG) e del Condroitin solfato (CS), entrambi costituenti fondamentali della cartilagine articolare, nella riduzione del dolore e nel miglioramento della funzionalità articolare. In diversi studi clinici, la N-Acetil-Glucosamina e il Condroitin solfato sono stati poi associati ad altri principi attivi naturali con risultati incoraggianti; si tratta del Metilsulfonilmetano (MSM) e della Boswellia serrata (BS).
Il Metilsulfonilmetano rappresenta la forma naturale dello zolfo organico. L’azione protettiva dell’MSM sulla cartilagine articolare, si deve al ruolo svolto dallo zolfo nella sintesi del Collagene; la presenza dello zolfo serve infatti a garantire la formazione dei legami disolfuro tra le triple eliche del Tropocollagene, l’unità strutturale di base del Collagene. L’MSM è inoltre in grado di migliorare la permeabilità cellulare, permettendo alle sostanze dannose prodotte dal processo infiammatorio a livello articolare di essere eliminate più facilmente, prevenendo un possibile aumento della pressione intracellulare, causa di dolore e infiammazione e di ridurre la trasmissione dell’impulso doloroso attraverso le fibre amieliniche a lenta conduzione (Fibre C), garantendo un discreto effetto analgesico.
L’azione antinfiammatoria dell’MSM può essere potenziata dalla contemporanea assunzione di estratti naturali di Boswellia serrata. Gli Acidi cheto-boswellici (AKBA) contenuti in questa pianta, inibendo selettivamente l’enzima 5-Lipossigenasi, e non le Ciclossigenasi come i FANS tradizionali, garantiscono un’efficace azione antinfiammatoria, senza determinare in nessun caso gastrolesività, consentendone l’impiego anche per periodi di tempo prolungati e in pazienti nei quali l’uso prolungato di FANS è controindicato (esp. pazienti diabetici). All’azione antinfiammatoria si accompagna inoltre un’efficace azione anti-tensiva che rende la Boswellia serrata particolarmente indicata nel contrastare gli stati di tensione localizzati a livello articolare.
L’impiego di questi principi attivi, congiuntamente alla terapia farmacologica, alle misure riabilitative e ad uno stile di vita sano, consentono di offrire al soggetto artrosico un regime terapeutico più maneggevole e tollerabile nel medio-lungo periodo, incrementando il successo terapeutico del trattamento e migliorando la qualità di vita.
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